Il dibattito pubblico: disciplina normativa e aspetti problematici

Studio Cuocolo per Assagenti – dalla newsletter di gennaio 2021

 

 

L’8 gennaio ha preso il via il dibattito pubblico relativo al progetto della nuova diga foranea di Genova.
Si tratta della prima volta in cui l’istituto del dibattito pubblico viene applicato in Italia, a seguito della sua introduzione ad opera dell’art. 22 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) per le grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale. In passato, infatti, procedimenti simili, ispirati all’esperienza del débat public francese, erano stati avviati dalle amministrazioni locali su base volontaria, senza che ci fosse un obbligo normativo in tal senso (si pensi al dibattito pubblico sulla Gronda di Genova).
Data l’assoluta novità dell’istituto, è importante esaminare la relativa disciplina normativa, al fine di evidenziarne gli aspetti più rilevanti.
Innanzitutto, va detto che lo svolgimento del dibattito pubblico è disciplinato dal D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, c.d. “Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”, approvato sulla base dell’art. 22, comma 2 del d.lgs. 50/2016 e in vigore dal 24 agosto 2018.
Una prima questione che il Regolamento affronta riguarda l’individuazione delle “grandi” opere infrastrutturali e di architettura da sottoporre a dibattito pubblico. A questo proposito, il Regolamento individua alcune tipologie di opere che, al raggiungimento di determinate soglie dimensionali, richiedono lo svolgimento del dibattito. In particolare, per quanto riguarda le opere portuali, sono assoggettate a dibattito pubblico “obbligatorio” le opere che comportano una superficie interessata dall’intervento superiore a 150 ha e comunque con un valore di investimento complessivo superiore a 200 milioni di euro al netto di IVA del complesso dei contratti previsti.
Il dibattito pubblico è invece “eventuale”, quando riguardi interventi di importo compreso tra la soglia sopra indicata e due terzi della medesima: nel caso delle opere portuali, quindi, quando l’intervento superi la soglia dei 133 milioni di euro. In questi casi, il dibattito pubblico viene svolto se ne fanno richiesta alcuni soggetti qualificati, come il Governo, il Consiglio regionale uno o più consigli comunali complessivamente rappresentativi di almeno 100.000 abitanti, o almeno 50.000 cittadini elettori nei territori in cui è previsto l’intervento.
Infine, il decreto prevede che il dibattito pubblico possa svolgersi anche in via “facoltativa”, ogniqualvolta l’amministrazione competente ne ravvisi l’opportunità.
Per quanto riguarda invece le modalità di svolgimento del dibattito pubblico, questo consiste in una serie di incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, da svolgersi nei territori direttamente interessati, e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni e istituzioni.
In particolare, ai sensi dell’art. 5 del decreto, il dibattito pubblico si deve svolgere nella fase iniziale di elaborazione di un progetto di un’opera o di un intervento, in relazione ai contenuti del progetto di fattibilità o del documento di fattibilità delle alternative progettuali, ossia quando l’amministrazione è ancora nelle condizioni di poter scegliere se realizzare l’opera e, in caso affermativo, di apportare modifiche anche sostanziali al progetto originale.
Il dibattito pubblico ha avvio con la pubblicazione, da parte dell’amministrazione competente, di un dossier di progetto dell’opera, in cui è motivata l’opportunità dell’intervento e sono descritte le soluzioni progettuali proposte, comprensive delle valutazioni degli impatti sociali, ambientali ed economici.
A partire dalla pubblicazione del dossier, decorrono i termini per la conclusione del procedimento, che di regola non devono superare i quattro mesi, salva la possibilità di prorogarne la durata di ulteriori due mesi in caso di comprovata necessità.
I protagonisti del dibattito pubblico sono essenzialmente quattro:
a) l’amministrazione che indice il dibattito, alla quale spetta, oltre all’elaborazione del dossier iniziale, il dovere di partecipare in modo attivo al dibattito pubblico e rispondere ai quesiti emersi nel corso dello stesso;
b) il coordinatore del dibattito pubblico, che è il vero e proprio “maître” della procedura. Tale figura è individuata dal Ministero competente, su richiesta dell’amministrazione, tra soggetti di comprovata esperienza e competenza nella gestione  di processi  partecipativi o  nella  gestione di attività  di pianificazione urbanistica e infrastrutturale. Il coordinatore ha il compito di condurre il dibattito, stabilendo i temi di discussione, fissando il calendario degli incontri e definendo le modalità di partecipazione. Inoltre, ad esso spetta favorire il confronto tra tutti i partecipanti al dibattito e fare emergere le posizioni in campo, anche attraverso il contributo di esperti, evitando che ci siano posizioni non rappresentate
c) la Commissione nazionale per il dibattito pubblico, composta da quindici membri nominati in parte dal Governo e in parte dagli enti locali, che vigila sul corretto svolgimento della procedura e sul rispetto delle garanzie partecipative del pubblico nonché degli obblighi informativi.
d) i soggetti interessati, ovvero i cittadini, le associazioni e le istituzioni, che hanno diritto di partecipare al dibattito, ponendo delle domande e formulando delle proposte di cui l’amministrazione deve tenere conto ai fini delle successive fasi del progetto.
Il dibattito pubblico si conclude con la redazione di un dossier conclusivo, in cui l’amministrazione che ha indetto il dibattito deve evidenziare la volontà o meno di realizzare l’intervento, le eventuali modifiche da apportare al progetto e le ragioni che hanno condotto a non accogliere eventuali proposte formulate dai partecipanti.
Una volta concluso il dibattito pubblico, l’amministrazione può quindi procedere alla predisposizione del progetto definitivo dell’intervento, essendo però tenuta per legge, anche in tale fase, a “valutare” gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte, che dovranno essere “discusse” nella conferenza di servizi per l’approvazione del progetto.
Resta ovviamente da valutare, e questo rappresenta il principale aspetto problematico dell’istituto, quale valore giuridico abbiano le osservazioni raccolte nel corso del dibattito pubblico e fino a che punto le amministrazioni saranno obbligate a tenerne conto nelle successive fasi del procedimento. Quel che è certo, però, è che gli apporti dei partecipanti al dibattito non potranno non essere tenuti in considerazione, pena il rischio di contestazioni circa la legittimità dell’approvazione del progetto definitivo.

 

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