Diniego di autorizzazioni sanitarie: il Consiglio di Stato chiarisce gli oneri di motivazione della PA

 

Con la sentenza n. 1802 del 03.03.2021 il Consiglio di Stato fa il punto in materia di autorizzazioni per la realizzazione delle strutture sanitarie e sociosanitarie, ai sensi dell’art. 8-ter del d. lgs. n. 502 del 1992.
Esse seguono un ‘regime’ differenziato rispetto all’attività in accreditamento, e, tuttavia, per ragioni attinenti non solo alla tutela della salute, quale irrinunciabile interesse della collettività (art. 32 Cost.), ma anche alla tutela della concorrenza, devono necessariamente restare inserite nell’ambito della programmazione regionale, in quanto “la verifica di compatibilità, effettuata dalla Regione, ha proprio il fine di accertare l’armonico inserimento della struttura in un contesto di offerta sanitaria rispondente al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di garantire meglio l’accessibilità ai servizî e di valorizzare le aree di insediamento prioritario delle nuove strutture“.
Se da una parte “la valutazione del fabbisogno, alla quale la legislazione nazionale vincola il rilascio dell’autorizzazione, non può essere, pertanto, illimitata né schiudere la strada ad ingiustificate e sproporzionate restrizioni dell’iniziativa economica, senza trovare un ragionevole e proporzionato controbilanciamento nella cura in concreto, da parte della pubblica amministrazione decidente, dell’interesse pubblico demandatole” dall’altra parte, però, l’autorizzazione richiede sempre una “valutazione in concreto e attuale del fabbisogno complessivo di assistenza in ambito regionale, dell’idoneità della nuova struttura a soddisfare detto fabbisogno, prendendo in considerazione le strutture presenti in ambito regionale, secondo i parametri dell’accessibilità ai servizi ed avuto riguardo alle aree di insediamento prioritario di nuovi presidi“.
Secondo il Consiglio di Stato, quindi, le scelte programmatorie svolte dalla PA implicano un’adeguata istruttoria che consenta “una puntuale ricognizione del fabbisogno assistenziale territoriale” ma “sono connotate da ampia discrezionalità con la conseguenza che i dati relativi al fabbisogno non possono essere sindacati se non per macroscopici vizi di illogicità o di arbitrarietà“.
Sulla base di questi presupposti il Consiglio di Stato ha annullato l’atto di diniego ed il parere regionale su cui si fonda in quanto privi di una puntuale ricognizione del fabbisogno assistenziale territoriale con conseguente obbligo di rivalutazione dell’istanza.
Avv. Stefano Cavassa
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